La cerasicoltura a Pecetto

Le origini

La coltivazione del ciliegio è stata introdotta nella Collina Torinese presumibilmente dagli antichi Romani nella loro colonia di Carreum Potentia (l’attuale Chieri)
Secondo storici locali, i Savoia regnanti a Torino e gli eremiti Camaldolesi dell’Eremo nei secoli XVII e XVIII contribuirono a diffonderlo nella zona di Pecetto; i primi come richiamo per gli uccelli per le loro cacce, mentre i secondi usavano le ciliegie per fare confetture, liquori (ratafià) e decotti con le foglie.

Cartolina di inizio 1900
Pecetto Torinese – Il Mercato.
Il mercato delle ciliegie, non ancora istituzionalizzato, si svolgeva sulla via Maestra (oggi via Umberto I) all’ombra della Chiesa dei Battù.

Nel secolo XIX la coltivazione del ciliegio era una produzione secondaria, ma importante per l’economia famigliare agricola nei comuni collinari prossimi alla città di Torino.
Le ciliegie avevano posto assieme a uova, animali di bassa corte, ortaggi e altra frutta nelle ceste, cavagne, che le massaie portavano in spalla al “mercato” di Torino oppure erano vendute ai negozianti che si ritrovavano al pomeriggio nella via Maestra di Pecetto all’ombra del bastione e della Chiesa dei Battù.

I ciliegi erano coltivati come tutori alle testate dei filari di vite e nei piccoli prati esistenti lungo i rii, in un paesaggio altrimenti tutto coperto da vigne.
Le piante secolari esistenti nella prima metà del ‘900 documentano le varietà allora coltivate:
tra le cirese (ciliegie tenerine o semplicemente ciliegie) la Viton-a, la Nejran-a (oggi ridotta a pochi soggetti), la Molan-a;
tra i grafion (duroni): il Grafion neir (oggi quasi scomparso), il Grafion bianc
e poi la Griota (agriotte).

Lo sviluppo della cerasicoltura pecettese

L’arrivo nel 1899 della peronospora anche sulle vigne che coprivano in modo quasi esclusivo la nostra collina, una malattia fungina che compromette la vitalità e la produzione delle viti, ha stimolato alcuni notabili pecettesi, tra cui l’avv. Mario Mogna, a ricercare una diversificazione dalla monocoltura vitivinicola a favore del ciliegio. Senz’altro la vicinanza al “mercato” di Torino era un fattore molto importante per un frutto così delicato, in tempi in cui i trasporti erano a traino animale.
L’ambiente pedo-climatico si era dimostrato molto favorevole alla produzione cerasicola. Infatti la giacitura collinare esposta a Sud, riparata dai venti freddi settentrionali ed elevata sulla pianura umida, nebbiosa, con correnti e gelate tardive, costituisce un microclima frutticolo ideale.
Fu così che a cominciare dal secondo lustro del novecento, anche grazie alle azioni di crescita sociale sviluppate dal nuovo (1909) Parroco, don Ambrogio Brunero, in attuazione della Rerum Novarum, si incrementò l’impianto di ciliegi.

Nel 1916, mentre i giovani erano in guerra (quindi con carenza di mano d’opera) e i nuovi impianti iniziavano a produrre, il nuovo Sindaco Mario Mogna istituì il Mercato delle Ciliegie, pomeridiano. Di fatto, all’attività di compravendita già da tempo praticata si fornì un sito esclusivo e regole certe a garanzia di venditore e acquirente e della qualità.
Contemporaneamente si avviarono azioni promozionali. Già alla Esposizione Internazionale di Torino nel 1911 le giovani Ceresere di Pecetto, in ottobre non offrirono uva, bensì offrirono ciliegie sotto spirito; nel 1922 le stesse, sempre sotto l’egida del Comune e la collaborazione della Parrocchia e relativa Società Cattolica, offrirono assaggi di ciliegie nel centro di Torino.

Il 1926 è ancora una data significativa: muore il grande promotore Mario Mogna; mentre arriva anche a Pecetto la Fillossera, un insettino quasi invisibile che distrugge totalmente le vigne. Ma a Pecetto la strada è tracciata, una parte dei vigneti vengono sostituiti con ceraseti e si realizza il grande sviluppo, aiutato negli anni trenta dai tecnici della Cattedra Ambulante di Agricoltura che introducono nuove varietà – la Martini (introdotta appunto dal Prof. Martini), la Vigevano – e sostenuto ancora da una forte promozione, che crea lo slogan “Pecetto – Paese delle ciliegie”, rimasto nell’immaginario piemontese.

Tuttavia l’intuizione innovativa forse maggiore fu quella di puntare fin dall’inizio del secolo, sulle varietà di ciliegio dolce.
La statistica del Mercato delle Ciliegie di Pecetto del 1917 ci rappresenta la situazione produttiva d’inizio novecento. La produzione complessiva era già ben consistente: 687 quintali (367q di agriotte e 320q di ciliegie e duroni). A Pecetto, favorito da un microclima meno soggetto a brinate tardive sui fiori, si scelse di puntare sulle varietà di ciliegie dolci – soprattutto la Viton-a – che già permettevano di realizzare prezzi superiori.
Questa varietà è stata il cavallo di battaglia dello sviluppo della cerasicoltura pecettese fino agli anni ’60, quando i consumatori cominciarono a privilegiare l’aspetto al gusto.

1922
Promozione delle ciliegie e del Mercato di Pecetto Torinese a Torino in piazza Arbarello in occasione della Festa dello Statuto

Il Mercato delle Ciliegie di Pecetto divenne il mercato alla produzione e il centro di riferimento per la cerasicoltura che si andava affermando nei comuni confinanti di Revigliasco, Pino, Chieri, in parte anche di Trofarello e poi, con la diffusione della motorizzazione a metà anni ’50, di Baldissero, Pavarolo, Bardassano (Gassino), Sciolze, Montaldo e oltre ancora, fin a Revigliasco d’Asti. Frequentato da commercianti grossisti del MOI (Mercato Ortofrutticolo all’Ingrosso – “i Mercati generali”) e dettaglianti di Torino, mentre altri grossisti “viaggianti” nel dopoguerra fornivano diverse aree della regione, della Riviera di Ponente e della Valle d’Aosta. Da Genova e Piacenza venivano ij Gariotè, commercianti che acquistavano, come indica il nome, quasi esclusivamente la grande maggioranza delle Agriotte a Pecetto e a Trofarello. C’erano poi i grossisti o commissionari che acquistavano per l’industria i Grafion bianc.

La raccolta comportava un lavoro notevole per cui si dedicava tutta la famiglia coltivatrice, i pecettesi non altrimenti impegnati e poi arrivavano i ciresè, descritti dalla Maestra Cristina Masera di Trofarello che si incaricava di andare a contattarli.
“Erano uomini dal comportamento meraviglioso che, con il maturare delle ciliegie, lasciavano le loro case sulle montagne del Cuneese (in specie Saluzzese) per giungere a Trofarello e nei paesi dei dintorni a raccogliere ciliegie, amarene e duroni. Con il loro arrivo, le colline si animavano di canti che echeggiavano da un podere all’altro come un richiamarsi quasi per riconoscersi e sentirsi più vicini. E poi , alla sera, dopo una giornata di 12-13 ore passate su scale di legno lunghe di molti metri oltre la decina, si ritrovavano tutti insieme a parlare, cantare, discutere davanti ad un bicchiere di vinello.”
La “campagna delle ciliegie” (la stagione di raccolta) durava dai 20 ai 40 giorni.

La fuga dalle campagne e la meccanizzazione

Lo sviluppo della FIAT, negli anni cinquanta, con lavoro e salario fisso, ha attirato dalle campagne tutta la manodopera disponibile: giovani agricoltori locali, i ciresè piemontesi e quelli di provenienza prima veneta e poi meridionale che per qualche anno li avevano sostituiti.
Con la fuga dei giovani si è dissolto rapidamente tutto l’ambiente folcloristico che si formava nella stagione delle ciliegie.

A Pecetto, tuttavia, la presenza diffusa della cerasicoltura e la sua vitalità è stata, a differenza degli altri comuni della collina, un elemento importante per il mantenimento di un consistente numero di giovani in agricoltura.
Nel dopoguerra vediamo l’affermarsi di due varietà già ampiamente provate in poche aziende, la Vigevano, più precoce della Viton-a, e il Galucio, durone, più tardivo, che è divenuto il nuovo cavallo di battaglia del Mercato delle Ciliegie contribuendo a risollevarne le sorti.
Nel frattempo poche aziende si aprivano alla cerasicoltura nazionale importando nuove varietà e innovative tecniche di allevamento.

La cerasicoltura attuale

Nel 1983 la nascita della Associazione FACOLT (Frutticoltori Associati della Collina Torinese) per iniziativa dei Comuni di Pecetto e di Trofarello, di un gruppo di frutticoltori dei due comuni e dei locali entri di assistenza tecnica agricola, ha impresso nuovo slancio e sviluppo alla cerasicoltura.

Ha permesso e facilitato una collaborazione più stretta e organica con il Comune di Pecetto, l’Università di Torino, la Provincia, gli stessi C.A.T.A. e in un secondo momento direttamente con la Regione per la sperimentazione cerasicola presso il Campo Sperimentale Regionale C. Gonella di Pecetto.
Questa attività ha portato una grande innovazione nella cerasicoltura della Collina Torinese:
introducendo nuove cultivar, con le quali si è allungata notevolmente la stagione cerasicola con ciliegie di qualità;
diffondendo sistemi di allevamento e conduzione bassi, grazie ai quali tutte le operazioni, in primis la raccolta, sono meno pericolose, più facili, meno costose e più tempestive;
diffondendo metodi di conduzione agronomica e difesa dalle malattie eco-sostenibili, ora inseriti nel disciplinare di produzione delle Ciliegie di Pecetto.

Con queste basi dai primi anni di questo secolo, il Comune di Pecetto con l’Associazione FACOLT e i frutticoltori hanno iniziato una grande azione di rinnovamento generalizzato della cerasicoltura, con un progetto di “rottamazione” dei vecchi impianti.

Parallelamente gli stessi e il Comune di Trofarello svolgono attività promozionale, ottenendo il riconoscimento delle Ciliegie di Pecetto e delle Amarene di Trofarello  come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT), e l’inclusione delle stesse nel Paniere dei Prodotti Tipici della Provincia di Torino.